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ANTONIO ATZA
Bauladu, Oristano, 1925

Suoi maestri sono Filippo Figari, Salvatore Fara e Stanis Dessy. Viaggia per visitare i musei più importanti d'Europa. Nel 1958 partecipa alla mostra degli artisti sardi al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1960 alla Biennale di Venezia scopre Alberto Burri con la sua iconografia di sofferenza, che ispira i cicli dei Blues e delle Sabbie.

Nulla, nei tranquilli paesaggi degli anni Cinquanta, porta il presagio di ciò che sarebbe avvenuto più tardi. Il viaggio dentro un incubo durato più di vent'anni. Un periodo di visioni spettrali, che Antonio Atza battezza di volta in volta capricci, viaggi verso l'assurdo, trappole per sogni, ritratti della paura. Allucinazioni popolate di mostri filamentosi, testimoni di un mondo di tenebra che combina i neri presentimenti di Kubin, le desolazioni surreali di Tanguy, le impossibili architetture minerali di Ernst e le provocazioni intellettuali di Magritte. Non a caso, in questi anni, Atza illustra libri di fantascienza. Alla fine degli Ottanta torna a confrontarsi col reale, con marine e nature morte impregnate di nostalgie classiche.

 

SCHEDA BIOGRAFICO-CRITICA A CURA DI BEBA MARSANO

 
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